Alito cattivo: cos’è e come gestirlo.
Pic by Gregoire Guillemin
Con i termini specifici alitosi, foetor ex ore, bromopnea o il più comune alito cattivo si indica l’odore sgradevole dell’aria emessa dal cavo orale. In particolare, si tratta di composti volatili solforati (VSC) prodotti da microorganismi -per la precisione sono quelli anaerobi gram negativi– capaci di metabolizzare residui alimentari e cellulari, causandone la putrefazione. Questo disturbo ha un notevole impatto nella sfera psicologica personale e collettiva, tanto da destare notevoli preoccupazioni nelle relazioni sociali, lavorative o affettive.
Il cavo orale, anatomicamente parlando, è la sede in cui gli apparati respiratorio e digerente si incontrano; pertanto l’aria emessa dalla bocca è quella che costituisce l’atmosfera anche di naso, faringe, trachea e polmoni. Nei casi di presenza di reflusso gastrico, sono interessati anche esofago e stomaco.
L’alitosi può essere una condizione definita di tipo fisiologico, temporaneo e transitorio se generalmente si risolve con precise accortezze nelle manovre di igiene orale domiciliare oppure viene considerata di tipo patologico, permanente e continuo qualora sia necessario il trattamento della sua causa primaria.
L’eziologia principale è di natura prettamente orale per oltre il 90% dei casi, pertanto in presenza di carie non trattate, restauri protesici debordanti, presenza di placca batterica e residui di cibo con conseguenti infiammazioni gengivali, siti post estrattivi, ulcere orali, abuso nell’utilizzo del ciuccio, herpes o protesi dentali è facile che si manifesti un alito sgradevole. Queste sono situazioni che possono diventare esempi di alitosi persistente qualora non ci si sottoponga all’osservazione di uno specialista. Per intenderci, dei casi di alitosi momentanei sono rappresentati dal respiro al risveglio mattutino; dall’assunzione di cibi come aglio, cipolla o erba cipollina; dall’uso o abuso di sostanze quali alcool e fumo; dalla scarsa idratazione della bocca; da coloro che per necessità devono parlare molto durante la giornata (docenti), dalle donne nelle fasi intermedie e finali del ciclo mestruale o in periodo di ovulazione; dall’assunzione di alcuni farmaci.
Un ruolo chiave nella gestione dell’alitosi è la detersione della lingua, che ben pochi eseguono. Essa, infatti, presenta sul dorso un rivestimento di papille gustative filiformi e fungiformi, la cui funzione è quella di aumentare notevolmente la superficie di sensibilità gustativa e propriocettiva durante le attività digestivo-nutritive. Questa superficie irregolare, però, attira una notevole flora microbica, che spesso si deposita fino a formare una patina bianca, il cui spessore varia nei diversi periodi della giornata e/o in base alla capacità di detersione orale. La lingua andrebbe pulita con strumenti specifici chiamati nettalingua (o tongue scraper) che sono più indicati rispetto ad un comune spazzolino da denti, perchè causano meno nausee durante l’utilizzo. Qualora fossero presenti delle irregolarità o fissurazioni sulla superficie linguale, l’accumulo di microorganismi sarebbe decisamente più probabile, causandone un’alitosi persistente.
Un odore sgradevole patologico è indice di un quadro più complesso da valutare: le malattie del tratto digerente incidono poco nel complesso (1%), quelle più coinvolte sono le disfunzioni metaboliche (diabete mellito), insufficienza renale cronica o epatopatie, malattie neoplastiche (tumori), malattie autoimmuni (Sindrome di Sjøgren). Anche pazienti con episodi frequenti di sinusiti o tonsilliti manifestano alito cattivo, così come quelli che hanno una respirazione orale (anziché quella fisiologica nasale) o coloro che russano durante le ore di riposo. Non per ultimo, chi deve assumere farmaci per lunghi periodi -se non a vita- può avere come effetto collaterale la secchezza delle fauci (xerostomia): si stima che le composizioni chimiche con queste ripercussioni siano più di 600 (tra cui gli antineoplastici, ansiolitici e antidepressivi).
Come si fa dunque a capire se si soffre di alitosi? Esistono dei test organolettici molto semplici da interpretare, economici e di facile esecuzione:
- WRIST LICK TEST: esso consiste nel leccarsi il polso con la lingua e attendere 5 secondi. Se a una distanza polso/naso di 5cm o più si sente odore sgradevole, il test risulta positivo.
- SPOON TEST: si strofina un cucchiaio sulla superficie della lingua, sfruttando l’effetto ventosa. Se dopo 5 secondi a una distanza di 5cm almeno si percepisce alitosi, il test è positivo.
- FLOSS TEST: si annusa la porzione di filo usato nella detersione interdentale. Se si percepisce cattivo odore da una distanza di 5cm almeno, il test è positivo.
Esistono altri due metodi, generalmente rilevabili dal clinico:
- COUNT TO 20 TEST: si conta a voce alta fino a 20. L’aria emessa durante la fonazione viene valutata dal professionista a partire da una distanza di 10cm. Egli annota il numero in cui percepisce l’odore sgradevole. Più è basso il numero annotato, prima viene percepita alitosi, più l’alito è sgradevole.
- HALIMETER/ ORAL CHROMA: sono strumenti che valutano la misura quantitativa dei composti volatili solforati ed sono basati sulla tecnologia di sensori chimici. La loro affidabilità è discutibile, in genere si preferisce optare per una valutazione oraganolettica con i metodi precedentemente descritti.
Come già affermato inizialmente, quindi, la percezione di alitosi ha notevoli ripercussioni nella sfera psicologica, cosmetica e comportamentale. La valutazione complessiva da parte del clinico di competenza si basa sia sul test diagnostico che sulle informazioni raccolte in anamnesi del paziente, per cui nessun aspetto deve essere tralasciato. In genere, delle piccole modifiche nelle abitudini di igiene domiciliare, nella dieta e nella corretta idratazione sono più che sufficienti a risolvere il problema. Cercare di tamponare il disagio masticando continuamente caramelle o gomme senza zuccheri oppure usando dentifrici e collutori delle specie più disparate, molto spesso non bastano. Esistono dei piccoli rimedi naturali come il masticare aromi (quali salvia, basilico, coriandolo, rosmarino) o verdure (finocchio o sedano). Possibilmente evitare latte e latticini.
Badate bene, però, a chi vi accusa di avere l’alito cattivo: se è il collega che vi vuole soffiare la promozione o il partner da cui vi state separando…credeteci poco! Una persona fidata e affidabile non mancherà di darvi o meno una conferma. Se non siete ancora convinti, sappiate che l’ALITOFOBIA è la paura di avere un alito sgradevole sebbene sia stato appurato il contrario, e ha una base psicologica da trattare nei casi di convinzione più grave. Paradossalmente, esistono persone che alle otto di mattina intrattengono sul tram delle lunghe conversazioni organoletticamente poco apprezzabili e sono totalmente ignare della potenzialità omicida del proprio respiro, in barba alla ressa dei pendolari che occupano il mezzo pubblico!
Per ulteriori approfondimenti:
- Bahadir U, Hkan C. Halitosis: from diagnosis to management. J Nat Sci Biol Med 2013; 4:14-23.
- Feller L, Blignaut E. Halitosis: a rewiew. SADJ 2005; 60:17-9
- Ratcliff PA, Johnson PW. The relationship between oral malodor, gingivitis and parodontitis. A rewiew. J Periodontol 1999; 70:485480
- Scully C, El-Maaytah M, Porter S, Greenman J. Breath odor: etiopathogenesis, assessment and management. European Journal of oral sciences 1997; 105: 287-293.
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Abati S, Cargnel M, Pinnavia C, Strohmenger L. Scanning microscopy of the tongue surface in bad breath patient. J Periodontol 1992; 62: 768775